Riprende la rassegna stampa con un articolo di Pagina 99
Pagina 99,
quotidiano di economia e cultura, si è occupata di Crevit.
20 | INNOVAZIONI pagina 99we | sabato 25 ottobre
2014
Tutti i dubbi su Crevit, la nuova moneta.
Inchiesta
| Tappezza le città di pubblicità, e le aziende corrono a iscriversi. Ma il
modello di business della società di Marco Melega, con sede a Hong Kong, è
tutto da scoprire. In attesa di una legge-quadro
CHIARA
ORGANTINI «Il vero limite è la diffidenza generalizzata alimentata
da una situazione di mercato sofferente a causa delle strette dell’attuale
sistema del credito». Così Marco Melega, ideatore di Crevit, descrive una delle
motivazioni che lo ha portato sul mercato delle monete complementari. La
fiducia, prima di tutto: sia verso il privato che cerca credito, ma anche verso
chi lo eroga. La sua moneta complementare («La più pubblicizzata in Italia», si
legge sul sito web), lanciata da qualche mese, è la prima che, teoricamente,
consente l’estensione del sistema di barter – il baratto – a famiglie e privati
oltre che alle aziende. Fino a oggi gli altri attori – quantomeno i più
rilevanti per bacino di utenza: BexB, Visiotrade, Sardex, Samex e Scec - si
erano cimentati quasi sempre (con le eccezioni rappresentate da Scec e
dall’estensione recente del circuito Sardex) nel BtoB, business to business,
ovvero la creazione di “camere di compensazione” per gli scambi esclusivamente
tra aziende, all’interno di un ecosistema geografico o di filiera, con eventuale
emissione di biglietti, alias “buono sconto”, sul prezzo, riutilizzabili una
volta incassati. Comune a tutti: non si usa la moneta ufficiale, l’euro, ma
un’unità di conto, spesso non convertibile in euro, ed eventualmente si paga
con quel che si produce. E così anche in Italia, dopo le circa 5.000 monete
complementari stimate esistenti nel mondo, il sistema ha preso piede:
molte aziende vi ricorrono per sperimentare forme di scambio che le
portano ad acquisire materiale o materie prime, normalmente pagate in denaro; o
eventualmente a scambiare beni e servizi per implementare la propria
visibilità, investire sul know-how. La sfida del barter è stata quella, fin da
principio, di creare comfort-zone complementari all’euro, appunto, ovvero
possibilità aggiuntiva di spesa in tempi di crisi, quando l’euro fatica a
circolare. Si stima che la somma delle aziende coinvolte nelle camere di barter
dei principali protagonisti italiani si aggiri intorno alle 25 mila unità, con
un giro di crediti stimabili per centinaia di milioni di euro. Ebbene quel che
Crevit, o meglio quel che Marco Melega ha capito, è che non si può lasciare
un campo incolto come quello del credito tra privati. Così ha creato
Crevit, che è– come recita una breve presentazione sul sito – «un’unità di
conto non convertibili in denaro rappresentativa di beni e servizi, spendibile
esclusivamente presso gli utenti titolari di Conto Crevit». E, anzi, Melega
spiega che «famiglie e aziende possono aprire un conto subito perché è
gratuito: possono pubblicare offerte, emettere ed accettare la propria moneta -
i crevit appunto (1 crevit=1 euro) - per finalizzare compravendite con gli
altri utenti del circuito titolari di Conto Crevit». Se “vendi”, però, paghi
una commissione, del 5%, in euro. E se vuol spendere prima di aver ottenuto
accrediti in crevit, l’utente può richiedere un fido tramite semplicissima
istruttoria online, con disponibilità garantita entro 24 ore» chiarisce Melega.
Tutto a posto, quindi. Tanto lecommissioni le facevano pagare anche Be e Visiotrade,
pur non dicendoti però che era gratuito, come invece fa Melega. Le differenze
sostanziali, e qualche criticità, sorgono quando si parla del fido: non è
obbligatorio, non è un vincolo. È chiaro però che qualora l’utente non dovesse
ricompensare il fido e quindi recuperare crediti con gli scambi, «dovrà»
–stavolta sì, l’obbligo– rinnovare il fido o chiudere la posizione in denaro.
In sostanza la capacità di emissione dei crevit è affidata agli utenti, che
sono in teoria monitorati dall’algoritmo di Crevit – il target bonus system:
non un fondo di garanzia, né un’assicurazione, né una parte terza che
garantisca la solvibilità delle operazioni, figuriamoci l’occhio di Banca
d’Italia. Non serve. «Non comunichiamo nulla alla centrale del rischio interbancario»,
spiega sicuro ancora Melega. La fiducia, si diceva. Verrebbe da chiedersi: un
utente Crevit potrà comunque sentirsi rassicurato anche quando, avendo come
unico riferimento l’azienda –in caso di insolvibilità di un utente – dovrà
rivalersi su di essa? Certamente l’aver fatto transitar la Crevit Italia srl su
una holding a Hong Kong, in luglio, quando è partita l’operazione, qualche
punto interrogativo lo pone. Melega però ha esperienza di barter alle spalle,
come testimonia anche il suo ex mentore Silvio Bettini, fondatore e
amministratore di BexB: il padre di quasi tutte le monete complementari
italiane. Il cremonese Marco Melega è un uomo dalle mille risorse. Ha alle
spalle fallimenti, come tanti altri imprenditori, ma soprattutto la capacità di
rinascere sempre dalle ceneri. Bettini, che a dicembre 2013 ha cessato tutte le
sue quote da una società di Melega, spiega che il ragazzo «ha fatto barter con
BexBe ci deve ancora dei soldi. Come Visiotrade, d’altronde». Ma Melega ha un
bel portafogli di partecipazioni in società, diverse come amministratore unico.
Tanto che è forse grazie ai 10 milioni in pancia a una di queste, che ha potuto
investire i 2 milioni di euro in pubblicità e il milione in struttura e
piattaforma che ha dichiarato, visto che i bilanci 2013 della Crevit (in
perdita con 62 mila euro nel 2012 e di 27 mila, lo scorso anno) non sembrano
giustificare un tale importo. A meno che, appunto, le risorse non siano giunte
nel corso del 2014 o da una cassaforte del gruppo Melega, come la Italian
Properties srl. Sta di fatto che le aziende con cui ha fatto barter, Melega le
ha inserite nel circuito di Crevit, perché il suo pallino fisso è sempre stato
quello di lavoraresulla comunicazione attraverso le imprese e le aziende, non
solo quelle piccole. Infatti, Crevit ha ideato una piattaforma di comunicazione
promozionale per aziende e privati (ditte individuali) che vogliono aderire al
circuito: aderisci, compri, vendi e ti faccio la pubblicità gratis. Ma in
realtà l’idea è ancora più rivoluzionaria, e forse per questo i competitor non
perdono d’occhio Melega «Tempo fa – ed è ancora Bettini a svelare le carte –
Melega venne a propormi di tentare l’operatività di barter sui privati
coinvolgendo la grande distribuzione organizzata. L’idea era quella di lavorare
sulla verticalizzazione della comunicazione della grande distribuzione
organizzata (GDO), faccio la pubblicità, la pioggia di volantini, tutto quel
che serve, e tu GDO mi paghi in buoni spesa che rimetto nel circuito dei
piccoli, privati e delle aziende; con i quali loro stessi vengono a comprare da
te». Alla fine l’affare non va in porto. Bettini non è convinto e declina la
proposta. L’idea però non si poteva cestinare. Così Melega ha lanciato Crevit,
pensando di costruire qualcosa di più di un semplice circuito di barter: una
filiera senza soluzione di continuità, perché ogni utente può farsi incaricato
commerciale e andare a cercarsi crediti da nuovi utenti, quasi un sistema
multilevel. D’altronde, perché togliere la possibilità di far entrare sempre
più utenti, magari responsabilizzandoli, visto che i trader non sono previsti?
Intanto, con il sistema già avviato, Melega ha ottenuto il coinvolgimento del
marchio GDO Dico e sta portando dentro due distributori di carburante.
Sembrerebbe un sistema perfetto, in cui in prospettiva si potrà arrivare a
pagare un’opera d’arte con buoni spesa Dico e buoni carburante. Tanto la spesa
e la benzina la facciamo tutti, no? Tuttavia il problema che si pone è:
dove andare a mettere un milione di buoni di spesa, se la filiera è estendibile
«per statuto» ma l’utente finale potrebbevolere un corrispettivo in euro,
anziché in crediti? C’è insomma il rischio che la catena si spezzi e che a
pagarne le conseguenze sia l’utente, per ben due volte: con i suoi crediti-crevitinsoluti
e con la necessità di compensare il fido Crevit in euro. Cristiano Bilucaglia,
fondatore e amministratore delegato di Visiotrade – anche lui sulla piazza
della moneta complementare con circa 3.000 aziende e 100 milioni di transazioni
–racconta senza remore che«il polverone attorno a Crevit un po’ ci preoccupa,
perché può minare la fiducia alla base del sistema. E l’esigenza normativa, che
regolamenti la situazione, si sente da tempo. L’Italia è il Paese che amo e
vorrei che la moneta complementare lo aiutasse a stare meglio». E infatti, per
una volta, la politica si è mossa per tempo, presentando una proposta di legge,
appena depositata in commissione Finanze alla Camera. Si tratta di
un’iniziativa di Sergio Boccadutri, transfugo di Sel oggi nel Pd di Renzi, che
ipotizza una distinzione tra backed currencies, cioè monete complementari con
copertura in moneta (Visiotrade, BexB) emesse in cambio di versamento del
controvalore in euro; e mutual credit currencies (Sardex, Samex), cioè monete
di credito cooperativo, costituenti l’unità di conto utilizzate all’interno di
una camera di compensazione. Poiché entrambi i sistemi sono utili e la
Regione Lombardia ha deliberato una legge regionale - bloccata dalla Consulta -
per attivare un circuito di moneta complementare, occorre che il governo
individui nella Banca d’Italia un’autorità di vigilanza sugli elementi
principali del circuito: il controvalore complessivo del circolante in moneta
complementare; l’istituzione di un fondo vincolato; il controllo sui prezzi di
beni e servizi veicolati; la creazione di un organo di garanzia interno al
circuito che cooperi con la vigilanza di Banca d’Italia. Bettini, come anche
Bilucaglia ammette che serve una regolamentazione e che si sta già muovendo con
le altre aziende sul mercato: «Ben venga la legge». Interpellato da Pagina99
sulla proposta, Marco Melega non ha risposto.
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